La marcia su Roma by Giorgio Dell'Arti

La marcia su Roma by Giorgio Dell'Arti

autore:Giorgio Dell'Arti
La lingua: ita
Format: epub
editore: La nave di Teseo
pubblicato: 2022-03-15T00:00:00+00:00


Capitolo VIII

L’estetica della violenza

Non è colpa dei fascisti se le ossa del cranio

di Boldori si sono rivelate troppo deboli.

FARINACCI, dicembre 1921

“Le porte del teatro si sono aperte alle 8. Alle 9 l’immensa sala era già gremita in ogni ordine di posti da una folla elegante nella quale si notavano molte signore della migliore società cittadina. Gli alfieri con i gagliardetti sono schierati sul palcoscenico in rappresentanza delle legioni fasciste. Deputati e personalità fasciste indossano tutti la camicia e il fez nero. Poco prima delle 10 un trombettiere suona tre volte l’attenti. I fascisti si irrigidiscono, i gagliardetti sono levati in aria e agitati. Gli spettatori si alzano in piedi, punti dalla curiosità: si crede difatti che i tre squilli preannuncino l’arrivo di Mussolini. Invece si è voluta fare una semplice prova: il trombettiere suona il riposo e il teatro è di nuovo tutto un brusio di commenti. Poco dopo, gli squilli sono ripetuti e questa è la volta buona. Mussolini indossa la camicia nera e reca sulle maniche i distintivi del grado, simili a quelli di generale d’esercito. Egli attraversa il palcoscenico fra uno scroscio di applausi e si avanza alla ribalta. Tutto il teatro sorge in piedi, dai palchi e dalla platea molti sventolano cappelli e fazzoletti. Appena gli applausi cessano, una fanfara intona le note dell’inno fascista, e gli squadristi fanno coro. Quindi di nuovo uno squillo. Il silenzio si ristabilisce e Sansanelli, della direzione del partito, saluta a nome del fascio i convenuti da ogni parte d’Italia. Un altro segnale d’attenti. Mussolini, in mezzo a un silenzio completo, incomincia il suo discorso.”

Che cos’è?

Il Corriere della Sera.

Dove siamo? Che giorno è?

Napoli. 24 ottobre 1922.

Come mai ci troviamo di colpo all’ottobre 1922? Eravamo rimasti alla metà del 1921.

Quello che è successo nel frattempo si racconta presto.

Sì?

Le aggressioni fasciste avevano distrutto il sistema socialista. Nel primo semestre del 1921 i fascisti avevano costretto alle dimissioni, con la violenza, i consigli comunali di trecentosessantacinque città. Tutti comuni rossi. Distrutte diciassette tipografie e sedi di giornali della sinistra, cinquantanove Case del popolo, centodiciannove Camere del lavoro, centosette cooperative, ottantatré leghe contadine, otto società di mutuo soccorso, centoquarantuno sezioni e circoli socialisti e comunisti, cento circoli di cultura, dieci biblioteche popolari e teatri, un’università popolare, ventotto sedi di sindacati operai, cinquantatré circoli operai e ricreativi. Moltiplichiamo per tre e avremo, all’ingrosso, la situazione a giugno 1922. Integriamola con il rapporto che il 10 ottobre 1922 il ministro della giustizia Giulio Alessio spedì al leader del suo partito Giovanni Giolitti:

“Non passa giorno che i procuratori generali – specie quelli dei circondari più turbati dalle violenze fasciste – non mi denuncino almeno dieci reati. Dal 15 agosto al 22 settembre una statistica fatta eseguire dal ministro scrivente dava tra i reati esclusivamente per competizioni politiche... 74 omicidi, 79 lesioni personali, 75 violenze private per bande, 72 per danneggiamenti, 37 per appiccati incendi. Certe regioni vivono sotto un regime di terrore per cui non si possono nemmeno tenere i processi penali... in



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